
Valogno? E dove si trova? Ah, ma è vicino, poi ci andiamo, sì, prima o poi ci andiamo… vediamo sulla cartina come si fa ad arrivare, controlliamo su Maps, e poi andiamo. Dalle foto che girano in rete sembra carino, sì, dobbiamo andarci.
Già, spesso è così che succede, quando si devono visitare dei posti vicino casa; figuriamoci poi se questo nome, “Valogno”, non l’avevi mai sentito nominare fino a poco tempo prima. Ma, alla fine, il momento della visita arriva. Da una deviazione della Statale Appia si sale sulle pendici del vulcano, si fanno vari tornanti, in uno scenario sempre più verde, sempre più colorato d’autunno. Finché, eccolo il borgo! Già si intravvedono i primi murales, ma neanche il tempo di accorgersi che si è giunti, che il paesino finisce e bisogna fare inversione per cercare parcheggio.
Eccoci a Valogno. E non ci metti troppo per accorgerti che è valsa davvero la pena venire, che il posto è speciale, che è in costruzione un vero e proprio spirito del luogo. Un genius loci, già nato, che sta crescendo a vista d’occhio. Come sia nato non lo sappiamo ancora (ma lo scopriremo presto), ma che importa?



C’è subito Garibaldi, ci sono i Mille, e il fatto è di per sé singolare al Sud, in un contesto storico in cui si revisiona tutto e si denigrano a cuor leggero personaggi che hanno fatto sognare generazioni e generazioni di bambini. Ma poi le tematiche diventano più leggere, quasi eteree, ma non per questo meno reali: c’è la macina con il nome del paese, c’è il benvenuto al visitatore, e, subito, ci sono figure che danno le sembianze di un cartone animato al borgo. Appollaiate su stipiti di porte, antropomorfe o “elfomorfe”, con lo sguardo a scrutare l’orizzonte, con la mano dell’uno stretta nella mano dell’altra, alla luce del sole tra i rami della foresta (o della luna?). E poi… il Pensatoio, la Cantinella, il gattino che passa tra i vicoli o la vecchietta che saluta sorridente. Nature morte che invitano i bambini a trarre i frutti dal loro cesto; belle donne e navi sospese nel cielo che sembrano uscite da un film di Miyazaki. E poi, i briganti, croce e delizia del Meridione, Robin Hood italiani ma anche flagello delle campagne (il tema, trattato in maniera così leggera ma anche così oggettiva come non succede quasi mai, in quest’epoca di tifoserie contrapposte). Vicoli con poca luce, ma illuminati da una creatività commovente, con raffigurazioni di vita reale, di fiabe, di sogni di bambini e di adulti… quasi quasi ti aspetti di imbatterti in Alice e nel Coniglio.
A un certo punto, mentre ti dici che una cosa del genere te la aspetteresti in Toscana o in Alto Adige, incontri loro due: Giovanni e Dora, le radici di questo genius loci, coloro che, a Valogno, hanno reso reale l’utopia.



Ci accolgono, ci ospitano, ci raccontano: la vita di una famiglia che si intreccia con il rilancio della vita di un borgo di Terra di Lavoro altrimenti anonimo e sconosciuto, oggi emblema di rinascita e di forza. Già, è tutto vero: l’autofinanziamento, gli artisti che vengono da altre parti d’Italia e del Mondo, l’attenzione dei media, la gente che viene numerosa a visitare questo sogno reale. I colori ai margini della foresta, un paese che si trasforma in vero e proprio “parco culturale” e che, per fortuna, non ricorda neanche lontanamente parchi a tema o altre “invenzioni” della nostra epoca. Qualcosa di vero, qualcosa da scoprire e assaporare.