
Siamo giunti all’abbazia di San Galgano in auto e, sebbene non ci sia stato possibile arrivare a piedi in escursione come già raccontato altrove, l’emozione provata al colpo d’occhio offerto dal complesso e dallo scenario che lo racchiude non ne ha certo risentito. Immersi in un mare di giovani spighe di grano, le rovine della chiesa e l’eremo di Monte Siepi mozzano letteralmente il fiato: viali, alberati di cipressi come nella più toscana delle tradizioni, conducono alle imponenti rovine del monastero e alla chiesetta sul colle che custodisce la vera Spada nella Roccia, sotto un cielo fatto di luce e di blu. I poggi circostanti sono un’armoniosa alternanza di boschi e di campi, di colline selvagge e valli coltivate. Un incanto.
L’atmosfera idilliaca del luogo è senz’altro alimentata dal mito che aleggia intorno alla figura del Cavaliere fattosi santo e della sua Spada trasformata in estremo simbolo di pace: una Croce piantata a mani nude nella Roccia. E’ qui, infatti, che nasce probabilmente la fiaba di Re Artù!