
Come da programma, il 12 novembre l’Alpinismo Giovanile del CAI di Alatri e del CAI di Latina ha effettuato l’escursione a Monte Faggeto. Di difficoltà media per i giovani escursionisti, dato lo sviluppo e il dislivello, il cammino si è dipanato attraverso un caleidoscopio di foglie morenti e di colori festanti, che ha accompagnato l’allegro gruppo fino alla brulla e panoramica sommità.
Oltre ai ragazzi (ma alcuni di loro erano ancora più giovani!) e ai loro accompagnatori, c’era anche un’escursionista a quattro zampe che, spesso e volentieri, ha aiutato il gruppo nella sua salita facendosi guidare (o guidando?) i piccoli montanari.
Abbiamo iniziato l’escursione da un tornante della strada che sale verso il Rifugio Faggeto da Campodimele, al fine di risparmiarci un centinaio di metri di pendenza. Per la precisione, si tratta del secondo tornante della strada, fin qui asfaltata (seppure ovviamente con manto a tratti dissestato), da cui abbiamo lasciato le auto ed imboccato il sentiero 905 (proveniente da Campodimele), che in quel punto lambisce la strada. Da qui, siamo saliti decisi, seguendo il Fosso del Tasso, e passando attraverso antichi terrazzamenti segnati da vecchi muri a secco: laddove la vegetazione si è reimpossessata dello scenario, un tempo si svolgeva una vivace attività rurale, e queste balze erano sicuramente coltivate con cura e devozione.
Itinerario | Ad anello; dal secondo tornante della strada asfaltata, sentiero 905 fino alla vetta. Rientro per la strada. |
Distanza | 9,5 km |
Tempi | Circa 5 ore |
Dislivello | 580 metri |
Altitudini | da 730 m a 1268 m |
Note | Itinerario piacevole e a tratti con una certa pendenza |
Ristori | Assenti |
Come arrivare | Campodimele è situato sulla SR 82. Si imbocca la strada che conduce al paese; l'imbocco del sentiero si trova appena prima dell'ingresso al centro |


Sia come sia, Fosso del Tasso in autunno è di una bellezza avvolgente, che ti accompagna all’inizio quasi in sordina, per esplodere gradualmente, man mano che si sale di quota. I ragazzi, nel frattempo, salgono senza lamentarsi e, anzi, entrano pure un po’ in competizione tra loro e con la simpatica cagnetta che ci accompagna. Il tappeto multicolore trova pian piano il suo degno contraltare in una cupola che è di volta in volta dorata, rossastra, gialla, marrone, viva, sussurrante: aceri, faggi, carpini, un tripudio di foglie di vario colore e varia forma!
La salita prosegue, avvalendosi di zig-zag tra un fianco e l’altro dell’impluvio, fino poi a tuffarsi in piena faggeta. Lo spettacolo dell’autunno raggiunge il suo apice, con varie sfaccettature di colore dappertutto, e con le foglie che si staccano dai rami per andare ad aggiungersi alle loro consimili a terra: un tripudio per gli occhi! A tutti coloro che affermano, guardandoli dalla costa, che gli Aurunci sono montagne spoglie, suggerisco di non fermarsi alle apparenze, di lasciare per una volta le comodità delle auto e delle scarpette soffici, per tuffarsi in questi scenari meravigliosi e inaspettati!



In breve il sentiero raggiunge la sterrata (la stessa strada su cui abbiamo lasciato l’auto in precedenza), proprio poco prima del Rifugio Faggeto, e poco dopo aver lambito un paio di inghiottitoi al margine del cammino.
Dopo una breve puntatina al rifugio, saliamo verso la vetta: la pendenza continua, mentre a poco a poco la foresta lascia spazio al fondo roccioso, tipico delle vette aurunche. La vista si apre, tanto verso l’interno con Montecassino, la Valle Latina e l’Appennino, quanto verso il mare, con gli ondulati picchi degli Aurunci che sembrano non avere fine e digradare verso il mare; in fondo lo sguardo raggiunge il Circeo, il promontorio di Terracina, il Lago di Fondi, Ponza, la gobba di Monte Moneta.


Ridiscendiamo verso il rifugio, molto ben tenuto anche se ancora non aperto per i visitatori; l’area picnic è però pulita ed accogliente, e infatti accoglie anche noi per il nostro spuntino.
Dopo un po’ ridiscendiamo per la sterrata: percorso più lungo, ma dalla pendenza più dolce e più rilassante. La prima parte è attraverso il bosco colorato; successivamente, tra scorci, zone d’ombra, tratti di pineta e garighe di salvia, si raggiungono le auto prima di quanto non si creda.