
E’ singolare come quasi nessuno, al di fuori degli appassionati, conosca Monte Cairo, salvo poi esclamare “ah, ho capito!” quando gli spieghi che è la vetta sopra Montecassino. Già, è molto singolare che nessuno conosca il nome della montagna che, semi-solitaria, domina praticamente tutto il basso Lazio dalla sua invidiabile posizione.
Siamo arrivati sulla sua vetta, alla rispettabile quota di 1669 metri, insieme agli amici del CAI di Cassino, in occasione della tradizionale sostituzione del libro di vetta, rinviata a febbraio a causa delle restrizioni per il Covid e del maltempo. Io c’ero stato molti anni fa, ma mi ha fatto immenso piacere ritornarci.
Non ricordavo che Terelle stesse così in alto: 900 metri di altezza, ci è voluto un po’ per arrivarci, tra tornanti e tornantini, tanto che il gruppo stava aspettando solo noi al “vecchio ristorante”!
Quando si parte,la veduta sulla valle del Gari e sulle Mainarde innevate è superba; una veduta che si apre man mano che si sale e che diventa sempre più bella: la valle del Liri, gli Aurunci, il mare, Ischia; sulla cresta di vetta si intravvede perfino il profilo del Vesuvio!


La sterrata diviene sentiero al rifugio delle Casermette, nome che ci ricorda la sua origine come ricovero per i militari durante il durissimo periodo bellico, che aveva in Monte Cairo uno degli snodi principali della famigerata Linea Gustav: osservare da quassù l’Abbazia venire distrutta insieme alla città a valle deve essere stato straziante! Tuttavia oggi il profilo di Montecassino è una delle meraviglie di cui ci si possono riempire gli occhi durante l’escursione, meglio lasciarsi alle spalle pensieri negativi!
Purtroppo, il devastante incendio che ha distrutto la foresta di conifere attraversata originariamente dal sentiero ci ha costretti ad un faticoso “off road”: la foresta si sta lentamente rigenerando, tuttavia molti alberi continuano a cadere e i rovi si sono impossessati del sottobosco, impedendo di percorrere il normale tragitto per la vetta. Nonostante questo, non ci abbiamo messo poi tanto per giungere al di fuori del tratto problematico e tornare sul sentiero che punta decisamente alla cresta di cima, in cui abbiamo subito incontrato la neve: dapprima chiazze qua e là, che sono poi subito diventate un manto quasi uniforme. C’era una specie di divisoria: se sul lato esposto al sole la neve tendeva a sciogliersi, data anche la temperatura prematuramente primaverile, a distanza di pochissimi metri, sul lato in ombra, il manto era più compatto e con una crosta che si andava formando in superficie.


Sta di fatto che, sprovvisti di ciaspole, molti di noi finivano per sprofondare qua e là, prima di giungere alla larga spianata sommitale, da cui la vista era davvero impareggiabile. La sostituzione del libro di vetta è stata una vera, informale “cerimonia” di amicizia e semplicità.
Il rientro è avvenuto, al fine di evitare le insidie in discesa della pineta sofferente, sull’altro versante, lungo il nuovo sentiero, ancora in fase di costruzione: la maggiore ombreggiatura aveva qui rassodato la neve, lievemente ghiacciata in superficie, rendendo divertente il gioco di talloni, che ci ha consentito di scendere rapidamente a valle, chiudendo un piacevolissimo anello.
La bella luce del tramonto su Terelle ci ha salutati: siamo arrivati a febbraio per “conquistare” la prima vetta, a testimonianza del periodo particolarmente delicato che stiamo tutti vivendo, ma speriamo che anche quest’anno di vette e di escursioni ce ne regali molte!