
La visita guidata attraverso i luoghi dell’acqua a Minturnae, a cura dell’Associazione Lestrigonia, è stata una stupenda opportunità per me ed il Comitato Dragut di metterci al servizio dell’enorme ricchezza che è la città romana: abbiamo avuto l’occasione di dare una mano a questa compagine di “archeologi pazzi”, che pazzamente amano il Golfo di Gaeta e le sue fortune culturali (per la verità spesso fin troppo snobbate).
L’accesso all’area archeologica era gratuito: il 6 marzo era la prima domenica del mese, e il Comprensorio Archeologico di Minturnae aderisce a “Domenica al Museo”.

Insieme a Gastrovagando, alcuni di noi sono stati presso lo stand gastronomico, mentre io sono stato impegnato tutto il giorno nell’impareggiabile scenario del Teatro Romano: il cuore dell’antica città, capace di contenere fino a 4000 spettatori negli anni d’oro della colonia romana, dimensioni del tutto ragguardevoli per quei tempi. Ebbene, la mia “funzione” era quella di assistere il laboratorio per bambini nella costruzione dell’arco: totalmente a digiuno di qualsiasi nozione a riguardo, ho in realtà avuto un compito facilitato dagli strumenti predisposti dagli stessi archeologi di Lestrigonia, che avevano preliminarmente costruito una “centina” per coadiuvare la costruzione dell’arco e blocchetti di legno appositamente preparati.

Il gruppo è stato guidato attraverso le meraviglie della città da Mauro e Gianmatteo e, come tappa finale, accompagnato all’interno del teatro. Del resto, si potrebbe pensare, che c’entra tutto questo con l’arco? In realtà tantissimo: i Romani sono stati i primi ad utilizzare l’arco come struttura “autoreggente”: oltre ad impiegarlo in strutture sotterranee (come per esempio fognature, cisterne e simili) che si sostenevano con la forza del suolo, lo hanno introdotto nella costruzione degli acquedotti e dei teatri. Architetture talmente stabili che hanno resistito fino ai giorni nostri, con un gioco di pesi e bilanciamenti tra forze che non richiedeva neanche l’uso di malta o cemento! Del resto, nella pianura del Garigliano, fa ancora la sua potente figura l’acquedotto che correva alla città dalla sorgente di Capodacqua, oggi ancora superbo nella sua successione di arcate, sebbene noi, frettolosi passanti post-moderni, ci siamo arrogantemente abituati alla sua presenza, non facendoci neanche più caso.

Ed ecco arrivare gruppi con bambini pimpanti e desiderosi, dopo tanto ascoltare, di fare qualcosa in prima persona! L’esperimento è stato un successo, nonostante alcune difficoltà, dovute alle “forze contrarie” del vento o a lievi dislivelli del terreno: le precise spiegazioni di Silvia, l’archeologa che ha curato l’accoglienza dei gruppi nell’area del Teatro ed illustrato l’enorme importanza architettonica dell’arco, hanno trovato comunque applicazione nella realizzazione dell’arco stesso in miniatura. I bambini fornivano e piazzavano i cunei, fino alla chiave di volta finale e, per la loro grande meraviglia (e un po’ anche nostra!), alla fine la piccola struttura si reggeva da sé!

Queste iniziative sono fondamentali per far conoscere una meraviglia come Minturnae a quante più persone possibili, ma anche per farla riscoprire alla gente del posto, per far nascere o rafforzare un nuovo senso di appartenenza e di identità nei confronti di un territorio ricchissimo di ogni bene, culturale ed ambientale. Il successo di giornate del genere incoraggia le associazioni promotrici e partecipanti a ripetere questo tipo di esperienze anche per l’avvenire, a cementare una collaborazione tra loro che non può che essere foriera di occasioni di sviluppo per il futuro: sta anche alle istituzioni preposte saper cogliere tali occasioni.